ELEPHANTUS - IL RICHIAMO SELVAGGIO DI UNA COSTELLAZIONE D'AMORE
- foscaworld
- 9 set
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Elephantus - Il richiamo selvaggio di una costellazione d’amore

Quando ho visto per la prima volta la tela di Fosca, nel 2019, mi sono ricordato di quella mattina in Maremma, molti anni fa, quando alzando gli occhi dal taccuino dove stavo disegnando un martin pescatore, scorsi una famiglia di cinghiali che attraversava la radura con la stessa grazia silenziosa delle stelle che attraversano il cielo notturno. C’era qualcosa di misterioso in quel movimento, qualcosa che parlava di antichi legami, di connessioni profonde che l’uomo moderno ha quasi dimenticato.
Elephantus è una di quelle opere che ci ricordano che la vera arte nasce sempre da un incontro: l’incontro tra l’occhio che osserva e il cuore selvaggio del mondo. Fosca ha saputo catturare quello che io, nei miei cinquant’anni di vita tra boschi e lagune, ho sempre cercato di raccontare con le mie illustrazioni: che la bellezza nasce dal rapporto intimo, paziente, quasi contemplativo con le cose che ci circondano.

Guardate questa costellazione inventata: non è astronomia, è etologia dell’anima. Come quando osservo per ore il comportamento di un’aquila e alla fine capisco che sto imparando qualcosa su me stesso, così davanti a questi fili che collegano stelle inesistenti capisci che l’artista sta mappando i territori del cuore. E come tutte le mappe che contano, questa è fatta di sentieri interrotti, di strappi ricuciti, di punti di riferimento che a volte scompaiono nella nebbia.
La tela lacerata e ricomposta mi commuove profondamente. Quante volte, nei miei taccuini di campagna, ho dovuto riparare pagine strappate dal vento o macchiate dalla pioggia? Ma ogni rattoppo, ogni segno del tempo diventa parte della storia che stai raccontando. Fosca lo sa: le ferite non sono errori da nascondere, sono capitoli necessari del racconto. Come le cicatrici sulla corteccia di una quercia secolare, che parlano di tempeste sopravvissute e di primavere ritrovate.
I chiodi che trapassano la superficie hanno la stessa funzione degli anelli che permettono agli ornitologi di seguire le migrazioni degli uccelli: segnano i punti vitali, i momenti in cui la vita si è fermata per dire “qui”, “adesso”. Non è violenza quella che vedo, ma attenzione, la stessa che serve per non perdere di vista un pettirosso nel folto del bosco.
E poi c’è il cavallo. Ah, che animale straordinario! Nei miei anni in Camargue ho imparato a riconoscere il linguaggio dei cavalli selvaggi: ogni movimento è una parola, ogni nitrito una frase compiuta. Il cavallo di Fosca porta in sé quella stessa energia trattenuta, quella forza che sa di dover essere governata ma che non perde mai la memoria della libertà. È l’animale perfetto per parlare d’amore: potente e fragile, generoso e imprevedibile.
Ma quello che mi colpisce di più in questa costellazione è il colore. Quel blu dell’alba e quel rosa che sa di ruggine sono i colori che ogni naturalista conosce bene: sono i primi segni del giorno che si sveglia, quando gli animali notturni cedono il passo a quelli diurni e per qualche momento magico tutti i mondi si toccano. È l’ora in cui ho visto gli aironi alzarsi dalle acque di Burano, l’ora in cui la natura si spogli delle sue difese e si mostra nuda, vulnerabile, bellissima.
La tecnica di Fosca, questa paziente tessitura di segni che ricorda il lavoro degli antichi naturalisti, mi riporta ai miei maestri, a quelli che mi hanno insegnato che per disegnare un animale devi prima imparare ad amarlo. Ogni piccolo tratto, ogni sfumatura nasce da ore di osservazione silenziosa, da quella forma di rispetto che solo la pazienza può insegnare.
Le stelle davanti a noi invece che sopra di noi: ecco un’intuizione che ogni esploratore capisce al volo. Non è verso l’alto che dobbiamo guardare, ma in avanti, verso l’orizzonte dove si nascondono le scoperte. È lo stesso sguardo con cui ho seguito le orme del lupo sui Nebrodi, o le tracce dell’orso in Abruzzo: uno sguardo che sa che la vera avventura inizia sempre con un passo verso l’ignoto.
Elephantus mi ha ricordato perché ho dedicato la mia vita alla natura: perché nella relazione con il mondo selvaggio impariamo che ogni creatura, ogni pianta, ogni stella, vera o inventata, ha una storia da raccontare. E che noi, piccoli esploratori su questo pianete meraviglioso, abbiamo il privilegio e la responsabilità di ascoltare queste storie e di trasmetterle.
Quando uscite da questa galleria, fate quello che fate sempre quando torno dai miei viaggi naturalistici: portate con voi un pezzetto di quello che avete visto. Quella costellazione d’amore di Fosca è ora parte del vostro bagaglio di esploratori. Usatela quando il cammino si fa difficile, quando le stelle vere sembrano troppo lontane. Vi invito a scoprire le sue altre costellazioni immaginate, sono porte verso un mondo delicato e rarefatto. Ricordatevi che l’amore, come la natura, ha sempre la forza di ricominciare, di inventarsi nuove forme, di trovare nuovi sentieri verso la luce.
Fulco Pratesi
Presidente WWF



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